TERREMOTO: LE VITTIME HANNO COLPE?

Con la sentenza n. 676 dell’11 ottobre 2022, il Tribunale di L’Aquila ha condannato in primo grado al risarcimento gli eredi del costruttore, del Ministero dell’Interno e del Ministero delle Infrastrutture per i danni conseguenti al crollo di un palazzo in occasione del terremoto del 2009, ma ha ridotto l’entità del risarcimento: secondo il giudice si ravvisa un concorso di colpa delle vittime che, nonostante le precedenti scosse, avevano deciso di restare per la notte nelle abitazioni.

Ricordiamo tutti quando, nella notte del 6 aprile 2009, a L’Aquila si verificava l’ennesima fortissima scossa di terremoto e un palazzo costruito nel 1963 crollava, provocando la morte sotto le macerie delle persone che vi abitavano.

Subito la Procura avviava un procedimento penale nell’ambito del quale, in esito all’espletamento di consulenze tecniche, veniva accertato che il crollo dell’edificio, data l’intensità non anomala della scossa, fosse da imputarsi a gravi vizi di progettazione e costruzione.

Preso atto dell’archiviazione del procedimento penale dovuta alla morte degli imputati, gli eredi delle vittime, facendo affidamento degli elementi già acquisiti, instauravano davanti al Tribunale Civile quattro procedimenti sommari di cognizione (c.d. provvedimenti urgenti) ex art.  702 bis c.p.c. per ottenere il risarcimento dei danni, patrimoniali e non, derivanti dalla morte dei rispettivi famigliari a seguito del disastro. Presupposto della richiesta di condanna era il riconoscimento della responsabilità (ex artt. 2043, 2049 e 2055 c.c.) degli eredi del costruttore dell’edificio, del Ministero dell’Interno, del Ministero delle Infrastrutture e del Comune di L’Aquila per aver realizzato o consentito di realizzare una costruzione difforme dalle prescrizioni normative e incapace di resistere a un sisma privo di carattere eccezionale.

Il Tribunale disponeva quindi di riunire i quattro procedimenti e scegliere il rito ordinario, istruendo il processo mediante l’assunzione di prove documentali e orali.

Il Giudice aquilano, richiamando le disposizioni vigenti all’epoca dell’edificazione del palazzo e avvalendosi degli esiti delle consulenze tecniche espletate nel corso del procedimento penale archiviato, accertava la responsabilità per l’accaduto degli eredi del costruttore, del Ministero dell’Interno e del Ministero delle Infrastrutture.

Tuttavia il magistrato ravvisava il concorso di colpa delle vittime (ex art. 1227, comma 1, c.c.) perché costituisce “obiettivamente una condotta incauta quella di trattenersi a dormire – così privandosi della possibilità di allontanarsi immediatamente dall’edificio al verificarsi della scossa – nonostante il notorio verificarsi di due scosse nella serata del 5 aprile e poco dopo la mezzanotte del 6 aprile”. E tale concorso di colpa, “tenuto conto dell’affidamento che i soggetti poi defunti potevano riporre nella capacità dell’edificio di resistere al sisma per essere lo stesso in cemento armato e rimasto in piedi nel corso dello sciame sismico da mesi in atto”, può stimarsi nella misura del 30%, con conseguente proporzionale riduzione dell’entità dei pregiudizi risarcibili.

Insomma, gli eredi del costruttore, il Ministero dell’Interno e il Ministero delle Infrastrutture sono stati condannati a risarcire ai familiari non tutti i danni derivanti dal tragico evento, ma soltanto quelli che non sarebbero imputabili al comportamento, che viene definito negligente, di chi è rimasto sotto le macerie, sulla base delle seguenti quote di responsabilità: 40% per gli eredi del costruttore, 15% per il Ministero dell’Interno e 15% per il Ministero delle Infrastrutture.

Nessuna sentenza era mai giunta ad analoga conclusione, che consiste nel configurare il concorso di colpa delle vittime nella misura del 30% per aver deciso di trascorrere la notte nelle rispettive abitazioni, nonostante il verificarsi di scosse attorno alla mezzanotte del 6 aprile e nella serata del giorno precedente: è stata questa, a parere del Giudice, una condotta incauta, a prescindere dal fatto che le vittime potevano sentirsi ragionevolmente rassicurate nella convinzione della stabilità dell’edificio e nella sua presunta resistenza a scosse di normale intensità.

Ora, a giudizio di chi scrive, se la permanenza delle vittime nel palazzo è stata senza dubbio determinante rispetto al verificarsi delle conseguenze mortali del tragico evento, pare impossibile qualificare la condotta come negligente e colposa: le vittime erano inconsapevoli dei difetti di costruzione e credevano nella stabilità di un fabbricato che non solo aveva resistito alle precedenti scosse, ma, per quanto ne sapevano, era stato altresì realizzato in conformità alla normativa antisismica.

Ricordiamo, infine, che l’allora vicecapo del Dipartimento di Protezione Civile, in occasione di un’intervista rilasciata il 31 marzo 2009 e diffusa da un’emittente locale, aveva rassicurato la popolazione rispetto all’assenza di pericolosità dello sciame sismico in atto, inducendo qualche persona a rimanere in casa senza curarsi delle scosse. 

Art. 1227 1‘ comma c.c.:Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento e’ diminuito secondo la gravita’ della colpa e l’entità’ delle conseguenze che ne sono derivate.” 

 

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