DIRITTO ALL’OBLIO: COSA CAMBIA CON LA RIFORMA CARTABIA

Con la c.d. Riforma Cartabia (dal nome dell’ex guardasigilli Marta Cartabia) l’Italia si è dotata di una disposizione nazionale in tema di deindicizzazione dei contenuti giudiziari su Internet in caso di proscioglimento, sentenza di non luogo a procedere e decreto di archiviazione.

Il diritto cosiddetto “all’oblio” (si configura come un diritto alla cancellazione dei propri dati personali in forma rafforzata. Si prevede, infatti, l’obbligo per  i titolari (se hanno “reso pubblici” i dati personali dell´interessato: ad esempio, pubblicandoli su un sito web) di informare della richiesta di cancellazione altri titolari che trattano i dati personali cancellati, compresi “qualsiasi link, copia o riproduzione” (si veda art. 17, paragrafo 2 del Regolamento Europeo n. 2016/679 del Parlamento Europeo ).

Ha un campo di applicazione più esteso di quello di cui all’art. 7, comma 3, lettera b), del Codice, poiché  l’interessato ha il diritto di chiedere la cancellazione dei propri dati, per esempio, anche dopo revoca del consenso al trattamento.

La legge delega numero 134 del 2021, per la riforma del processo penale, ha previsto che “il decreto di archiviazione e la sentenza di non luogo a procedere o di assoluzione costituiscono titolo per l’emissione di un provvedimento di deindicizzazione“.
Il decreto legge 31 ottobre 2022 n. 162 , successivamente convertito in legge senza modifiche prevede che la persona nei cui confronti siano stati pronunciati: una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, ovvero un provvedimento di archiviazione, può richiedere che nell’atto sia apposta un’annotazione con cui il giudice dispone che ai motori di ricerca sia preclusa l’indicizzazione (raccolta, analisi ed archivi dei dati per facilitare la rapida e accurata ricerca di informazioni da parte degli utenti di internet) o che sia disposta la deindicizzazione (processo informatico che serve a rimuovere dei contenuti dall’indice dei motori di ricerca) in rete, relativamente ai dati personali riportati nella sentenza o nel provvedimento ai sensi e nei limiti dell’articolo 17 del Regolamento Europeo n. 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, rispetto alle ricerche condotte, a partire dal nominativo dell’istante da parte dei motori di ricerca generalisti.
Naturalmente la norma apre un dibattito rispetto al rapporto tra cronaca giudiziaria e privacy.

Altra discussione, invece più interna ai cultori della materia privacy, è quella già in corso tra chi ritenga che vi sia un contrasto tra in questa normativa italiana, che introduce la discrezionalità da parte dell’organo giudiziale o amministrativo (rispetto al giudice che già ordina di ottenere un provvedimento di de-listing), e l’articolo 17 del GDPR, che già prevede l’automatico diritto alla cancellazione. All’Autorità Garante la parola finale.

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