VIOLENZA E MANIPOLAZIONE PSICOLOGICA: E’ PLAGIO?

Il reato di plagio fu introdotto nel codice penale italiano nel 1930, con l’intento di punire quei comportamenti attraverso i quali una persona esercitava un’influenza psicologica tale da annullare la volontà di un’altra, conducendola a compiere azioni contro il proprio interesse. Questo reato mirava a tutelare l’autonomia individuale e la libertà di autodeterminazione delle persone.

Tuttavia, nel 1981, il reato di plagio fu abrogato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 96. La Corte giudicò il reato di plagio incostituzionale per la sua eccessiva indeterminatezza e la difficoltà di definire legalmente il concetto di “annullamento della volontà” in maniera chiara e precisa, senza incorrere in arbitrarie interpretazioni. La Corte evidenziò come la formulazione del reato potesse prestarsi a un’applicazione eccessivamente elastica, mettendo a rischio la certezza del diritto.

L’abolizione del reato di plagio ha lasciato un vuoto normativo significativo in termini di tutela delle vittime di manipolazioni psicologiche gravi. Sebbene altri strumenti giuridici possano essere parzialmente utilizzati per affrontare casi di abuso psicologico (ad esempio, tramite i reati di stalking o maltrattamenti in famiglia), nessuno di questi reati colma appieno il vuoto lasciato dall’abolizione del plagio. Questo perché manca una specifica disposizione che sanzioni l’esercizio di un’influenza psicologica dominante volto a sovvertire completamente la volontà della persona, rendendola incapace di agire secondo i propri interessi e desideri.

La mancanza di una normativa specifica rende più difficile perseguire legalmente quei casi in cui la vittima subisce una manipolazione psicologica così profonda da perdere la capacità di autodeterminazione, senza necessariamente subire violenze fisiche o minacce dirette. Senza contare che l’annullamento psicologico dell’individuo, è nella gran parte dei casi,  il fondamento dietro cui si instaurano mesi e anni di sopportazione di quelle vessazioni in famiglia da cui le donne non riescono ad uscire con la propria volontà, fino, purtroppo a trovare in tanti, troppi, casi, il loro epilogo nel femminicidio.

Questo scenario sottolinea l’importanza di considerare l’opportunità di reintrodurre nel codice penale una norma che possa tutelare efficacemente le vittime di queste forme di abuso psicologico, riconoscendo e sanzionando la gravità di tali condotte.
Il plagio, inteso come l’esercizio di un’influenza psicologica dominante al punto da ridurre una persona in uno stato di soggezione, privandola della sua capacità di valutazione autonoma, necessita di essere riconosciuto e sanzionato con chiarezza all’interno del nostro sistema giuridico.

La questione della violenza psicologica e del plagio è un tema di grande rilevanza nel panorama sociale e giuridico odierno. In un’epoca in cui la consapevolezza sulla salute mentale e sui diritti individuali è in costante crescita, si rende necessaria una riflessione profonda sulla tutela legale delle vittime di tali fenomeni. La reintroduzione del reato di plagio nel codice penale italiano rappresenterebbe un’opportunità significativa per offrire una protezione concreta a coloro che subiscono manipolazioni psicologiche volte a sovvertire la loro capacità di autodeterminazione. Questo proprio perché le conseguenze del plagio sulla psiche e sulla vita dell’individuo possono essere devastanti, portando a decisioni contro il proprio interesse, alienazione da amici e famiglia, e, in casi estremi, a gravi danni fisici e mentali.

La reintroduzione del reato di plagio, secondo l’opinione di chi scrive, non solo sottolineerebbe l’importanza che il nostro ordinamento giuridico attribuisce alla libertà individuale e alla dignità umana, ma offrirebbe anche strumenti più efficaci per perseguire coloro che abusano psicologicamente degli altri in tutti i contesti: familiare, lavorativo, sociale. Inoltre, rappresenterebbe un passo avanti significativo nel riconoscimento e nella tutela delle vittime di violenza psicologica, spesso invisibile ma non per questo meno dannosa.
Tuttavia, è fondamentale che tale reintroduzione sia accompagnata da una definizione precisa del reato, per evitare abusi e garantire che solo i veri casi di violenza siano perseguiti. Ciò richiederebbe un’attenta elaborazione legislativa, possibilmente integrata da linee guida per l’interpretazione e l’applicazione della norma, così da tutelare al meglio le vittime senza ingiustamente penalizzare relazioni interpersonali complesse ma non nocive.

All’interno del contesto della reintroduzione del reato di plagio, è essenziale considerare specificamente le forme di abuso legate a comportamenti narcisistici e borderline, nonché quelle derivanti da disturbi mentali gravi. Questi comportamenti, infatti, possono manifestarsi attraverso un’esercitazione manipolativa e coercitiva estremamente sofisticata, spesso celata dietro una facciata di normalità o affetto. Il riconoscimento legale di queste dinamiche, all’interno del reato di plagio, fornirebbe uno strumento cruciale per intervenire in situazioni in cui la vittima viene progressivamente isolata e manipolata, perdendo la propria autonomia decisionale a favore dell’aggressore.
La violenza psicologica esercitata in queste circostanze può essere particolarmente insidiosa, in quanto si nutre delle vulnerabilità della vittima, sfruttando la propria posizione di potere o un legame affettivo per instaurare un rapporto di dipendenza totale. L’esplicito riconoscimento di queste forme di abuso nel contesto del reato di plagio consentirebbe di affrontare con maggiore efficacia casi in cui la violenza psicologica diviene uno strumento di controllo e dominazione, spesso sfuggendo alla percezione esterna fino a quando le conseguenze non diventano irreversibili.
Inoltre, come sopra accennato, l’impiego di questa normativa nei casi di violenza contro le donne aprirebbe nuove vie per la tutela delle vittime di abusi psicologici. La violenza psicologica, infatti, costituisce una delle forme più pervasive e meno riconosciute di violenza di genere, capace di lasciare cicatrici profonde nell’animo delle vittime. La possibilità di ricorrere al reato di plagio per perseguire tali condotte offrirebbe un meccanismo di protezione legale più adeguato per riconoscere e sanzionare la violenza psicologica, elevando la tutela della dignità e della libertà individuale della donna a un livello di priorità nell’ambito della giustizia penale.
La reintroduzione del reato di plagio, arricchita dalla considerazione di queste specifiche dinamiche abusive, rappresenterebbe quindi un passo fondamentale verso una più ampia e incisiva protezione delle vittime di violenza psicologica. Essa sottolineerebbe l’impegno della società e del sistema legale nel contrastare non solo le manifestazioni più evidenti di abuso, ma anche quelle forme sottili e pervasive che erodono la libertà e l’autonomia dell’individuo dall’interno.

In conclusione, ci pare che prendere in considerazione la reintroduzione del reato di plagio a tutela delle vittime di violenza psicologica rappresenti un’opportunità da non sottovalutare per rafforzare il nostro sistema di protezione dei diritti individuali, promuovendo una società più giusta e consapevole delle molteplici forme di violenza.

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